Quello che state per leggere è un articolo scritto da un semplice appassionato sotto dettatura di una delusione causata da una voluta ingenuità e sentimentalismo in merito.
Scritto non per screditare, ma in buona fede e nel rispetto dei seri professionisti del settore che si impegnano costantemente per dare il meglio, tradotto in un ottimo servizio al cliente, secondo le certe, sincere ed indiscusse in questo articolo, etiche professionali. Non attacca o critica nessuno al livello personale (ciò è assolutamente fuori discorso), vuole solo far riflettere ad alta voce chi lo scrive e ragionare su quanto, a volte, i nomi possano alimentare deduzioni errate, o comunque prettamente teoriche. E volontariamente non entro nel merito delle logiche possibili spiegazioni commerciali a quanto sotto.
Sono, inoltre, entrato in contato con entrambi i gestori dei due punti vendita italiani e ne voglio, anzi, lodare le doti quali cortesia, disponibilità, competenza e savoir faire.
Dovendo la mia ragazza seguire un corso di aggiornamento a Milano, ed essendo sola nel viaggio, spuntò lentamente il doscorso di accompagnarla. Le mie iniziali perplessità divennero presto un ricordo quando mi palesò in mente la presenza in loco di La Casa Del Habano, in una delle più grandi metropoli italiane.
Non ci ero mai stato, ma la mia mania di far spesso le cose seguendo spensieratamente le mie passioni, mi hanno spinto nell’idea, auto-partorita e fatta maturare altrettanto autonomamente, di trovare dei pezzi veramente interessanti, di un certo pregio e rarità.
Mi piacciono i buoni puros, comprarli, fumarli e ne sono attratto, ma all’aumentare della mia passione, cresce anche la ricerca della soddisfazione e del compiacimento derivanti dalla voglia di diventare pian piano anche un’amatoriale collezionista; nel mio piccolo.
Dentro di me dico: <<quale occasione migliore di riempire il mio humidor, se non quella di cercare in La Casa Del Habano?>>; quella che, ingenuamente, reputavo appunto, la casa del sigaro.
L’associazione di idee è stata semplice ed istantanea: così come nella casa del bullone trovo tutti quei bulloni che difficilmente sono reperibili in un, seppur fornito, negozio generico, altrettanto, lì, soddisferò la mia ricerca.
Niente di più sbagliato!
Presenti all’appello le normali importazioni e le edizioni limitate e regionali italiane 2011.
Purtroppo, il pensiero che le edizioni limitate siano, appunto, limitate nel tempo, non mi consola. Ritengo che la “casa” del sigaro non possa avere come uniche differenze da un “normale” tabaccaio solo una maggiore presunta competenza o un walk-in top di gamma.
Mi rendo conto che sono pur sempre attività commerciali, gestite da lavoratori che, per primi, scommettono con la propria sorte lanciandosi in un investimento economico, e, per tanto, rischiano di pagarne le conseguenze, ma…allora…perchè dovrei ritenere che la “casa” del sigaro sia migliore come magazzino e scorte di una tabaccheria altrettanto normalmente fornita?
Devo dedurre che è più facile trovare, ad esempio, un D4 del 2004 in una tabaccheria di un paesino sperduto che non ha avuto abbastanza clienti interessati al suo acquisto rispetto alla “casa” del sigaro? Evidentemente si, purtroppo.
Spero e confido di essere riuscito a trasmettere con sincerità e disambiguità solo la mia opinione su quello che un nome così altisonante ed evocativo dovrebbe rappresentare, e non un disappunto mirato sulla gestione di attività commerciali.